Un'occhiata alle spalle
Spero che mi sarà perdonata una piccola operazione di "marketing". Da ieri è on-line il sito gemello di questo blog, un sito incentrato su storia e statistiche Rossonere.
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Riporto sul blog la pagina che racconta per sommi capi (e dal mio punto di vista) il decennio appena trascorso.
Quello che ha aperto il nuovo millennio è stato un decennio che definirei "esagerato" ... caratterizzato da grandi picchi emotivi, sia positivi che negativi.
Il decennio lascia traccia nella bacheca di Via Turati con due Coppe dei Campioni, uno Scudetto, un Mondiale per Club, due Supercoppe Europee, una Coppa Italia vinta dopo 26 anni, e una Supercoppa di Lega.
Se a livello europeo non ci si può lamentare troppo dei risultati, a livello nazionale spicca in negativo l'unico Scudetto conquistato in questi dieci anni. Certamente su questo dato incide in modo determinante la vicenda "Calciopoli", sia a causa dei condizionamenti della banda di Moggi prima del deflagrare del caso, sia per effetto del "golpe" Moratti/Telecom dopo.
I momenti esaltanti si possono individuare in alcune istantanee: lo sguardo determinato e concentrato di Sheva un attimo prima di realizzare il rigore decisivo nella finale di Champions a Manchester nel 2003, il pallone che rotola in rete con una lentezza esasperante in occasione del 2-0 di Inzaghi nell'altra finale di Champions vinta ad Atene nel 2007, e la perentoria girata a rete di testa di Sheva su assist di Ricardino dopo soli due minuti di partita contro la Roma in occasione della sfida decisiva per lo scudetto disputata il 2 maggio 2004 a San Siro.
Ma questi sono stati i momenti decisivi che hanno sancito le tre principali conquiste del decennio. Momenti altrettanto emozionanti e magici li abbiamo vissuti in occasione del gol di Inzaghi all'ultimo secondo nel 2003 contro l'Ajax (per me il gol è di Inzaghi, anche se ufficialmente viene assegnato a Tomasson, che se il danese si fosse smaterializzato sarebbe stato gol lo stesso e senza discussioni); la parata di Abbiati in semifinale sul tiro di Kallon che ci ha portato a Manchester; il primo gol di Kakà, ancora a Manchester ma nella semifinale di andata del 2007; e l'intera gara di ritorno contro i Red Devils giocata a San Siro sotto il diluvio ... forse la più bella partita del Milan in tutto il decennio insieme al 6-0 nel derby del 2001 con Cesare Maldini in panchina e Serginho a macellare i resti dei cugini a suon di assist e gol.
Purtroppo non ci siamo fatti mancare neanche alcune cocenti delusioni. La più crudele e beffarda di tutte ha avuto luogo ad Istambul nel maggio del 2005, una partita dominata per 115' minuti su 120'. Ma dopo il 3-0 del primo tempo, dopo che un miracolo dell'odioso pagliaccio polacco che difendeva i pali del Liverpool ha negato a Sheva il 4-0 su punizione (gol che avrebbe certamente posto il sigillo alla partita), cinque minuti di black-out hanno permesso ai reds di pareggiare (cinque minuti nati dalla dabbenaggine di Cafù e Dida che confezionano l'1-3 di Gerrard con il primo che con un dissennato atteggiamento tattico perde palla nella trequarti avversaria innescando il contropiede inglese e con il secondo che battezza fuori il colpo di testa di Gerrard e non interviene quando bastava allungare il braccio per deviare quel pallone). Terminati i 5 minuti nefasti torniamo a dominare sfiorando il 4-3 in più occasioni. Nei 30' supplemetari giochiamo solo noi e non sfruttiamo al 120' una doppia occasione con Sheva che a due metri dalla porta si vede prima ribattere miracolosamente la deviazione dal polacco, e poi, con il portiere a terra, invece che sparare sotto la traversa calcia a mezza altezza sulla faccia di Dudek, con il pallone che scheggia la traversa e termina in corner permettendo all'emulo di Grobbelaar di confezionare il suo show da circo ai calci di rigore, e di far vincere alla sua squadra la più immeritata finale di Coppa della storia. Sono rimasto scioccato per due mesi dopo quella sera, e ho trovato pace solo due anni dopo con la vittoria di Atene sugli stessi avversari.
Dopo lo choc di Istambul, in ordine di importanza, viene quello di La Coruña ... un 4-0 (dopo il 4-1 dell'andata) che ci è costato probabilmente un'altra Coppa dei Campioni visto che in semifinale avremmo affrontato il non imbattibile Porto del nascente stregone di Setubal e in finale il Monaco di Deschamps. Quella con i galiziani è stata una sfida ricorrente in questo decennio. Nel 2001 il pareggio a San Siro nell'ultima giornata del girone di qualificazione ci estromette dalla competizione e determina l'esonero di Zaccheroni (una vittoria ci avrebbe qualificati). Nel 2003, sempre nei gironi di Champions, le potenzialità della squadra si rivelano ancora in Galizia e ancora grazie ad un 4-0 (per noi in quel caso). Molti addebitano ad Ancelotti la paternità di quella disfatta, ed è possibile che abbiano ragione, ma nei miei ricordi c'è una probabile concausa ... una delle solite "ingerenze" di Berlusconi che alcuni giorni prima aveva bacchettato l'allenatore invitandolo a schierare sempre due attaccanti.
A La Coruña Carletto propose Kakà alle spalle di Sheva e Tomasson. Premesso che i galiziani erano certamente "bombati" (sembra che i vari Fran, Luque, Valeron, Pandiani e compagnia bella abbiano continuato a correre ininterrottamente per altri tre giorni dopo il fischio finale dell'arbitro), ho come il sospetto che senza i "suggerimenti" presidenziali, e dopo il 4-1 dell'andata, nella testa di Ancelotti frullasse l'idea di schierare Rui Costa, Kakà e Sheva, cosa che credo avrebbe aumentato notevolmente le nostre possibilità di passare il turno.
Nel complesso è stato un decennio in chiaroscuro, abbiamo potuto ammirare e amare campioni del calibro di Shevchenko, Kakà, Nesta ... abbiamo dato l'addio a mostri sacri come Maldini, Costacurta e Albertini (all'alba del decennio), abbiamo goduto di un centrocampo di grandi qualità tecniche grazie a Pirlo, Seedorf, Rui Costa, ma anche di grandi capacità agonistiche grazie a Gattuso e Ambrosini, abbiamo potuto apprezzare le volate del grande Serginho, abbiamo imparato a stimare Pippo Inzaghi, sfortunato a più riprese ma sempre decisivo quando assistito dalla salute, abbiamo visto passare onesti pedatori come Helveg, Kaladze, Simic, Brocchi, Tomasson, Pancaro, Bonera, Janku, Flamini, Antonini ... abbiamo offerto un ultimo palcoscenico (con alterne fortune) a grandi campioni sul viale del tramonto come Redondo, Rivaldo, Cafù, Stam, Vieri, Ronaldo, Dinho, Beckham ... abbiamo visto passare meteore come Contra (un idolo per me, e un grande rimpianto), Crespo, Gourcuff, Gilardino, Senderos, Huntelaar ... eterni incompiuti come Borriello ... abbiamo preso cantonate pazzesche come Jose Mari, Javi Moreno, Kutuzov, Coloccini, Amoroso, Oliveira, Oddo, Emerson, Zambrotta, Onyewu, Mancini e Adiyah ... non ci siamo fatti mancare neanche Esajas e Digao. E' stato anche il decennio di Abbiati e Dida (grandissimo per due o tre anni e poi diventato Signore delle papere). Ed in questo decennio abbiamo visto nascere gli astri di Pato e Thiago Silva ideali ponti di raccordo con il nuovo decennio.
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